Letture di Giornali e Oltre

Metti il furbo in prima pagina

Siamo certo sconcertati, ma anche indignati. La differenza è in un dettaglio, ma si sa, per chi si occupa di bazzecole come didascalie e titoli, brevetti e ricette di cucina, slogan pubblicitari e comunicati stampa, insomma breviloquenza, i dettagli sono molto, ma di molto, importanti.

E’ la questione di Lewin Kurt a spiegare il motivo. Se fai una passeggiata nel bosco per divertimento, guardi l’insieme del paesaggio, un po’ come se si trattasse di un quadro impressionista. A macchie di colori. Se nel bosco ci sei per nasconderti, durante una guerra o perché ti inseguono degli assassini, allora, che essi abbiano una ideologia “buona” o “non buona” a seconda delle tue scelte politiche o lavorative, perché ciò che conta è salvare la pelle da banditi e nemici che ammettono di uccidere un loro simile per un qualunque motivo (che non sia la difesa di sé stessi o altri), allora ciò che conta è il dettaglio. Un cespuglio, un masso, un albero con foglie o senza foglie, il colore stesso dell’erba, delle felci, la tonalità del loro verde (dal verde cipresso al verde limone, dal verde olio al verde cobalto, verde acqua o verde lago), dei fiori (rosso pomodoro o rosso ciliegia, fucsia o corallo), dei rami, di un tronco, ogni minimo dettaglio può rappresentare per te vita o morte e, dunque, diventa l’intero paesaggio, l’unico.

Allora da concerto, intrecciato armonicamente in suoni e decisioni, si arriva alla confusio non solo linguarum, ma anche di pensiero e d’intenti. Allo sconcerto, per l’appunto, come in una orchestra in cui ognuno suona per sé.

Indignati è diverso. Sdegnati, è diverso. Si prova tutti una identica sensazione di fastidio, di disapprovazione, per tutto ciò che non è meritevole neanche di essere citato. E lo sdegno o indignazione  ( anche qui sono dettagli, ma per chi condanna gli assassini fa differenza) non è per i contenuti in sé. Sono idee inammissibili, ma il grave è che sono state messe on line apposta, con un preciso intento di procurarsi una immotivata visibilità.

Il problema è che oggi per conquistarsi un titolo di tg e prime pagine di giornali, si arriva a dire le cose più assurde e provocatorie e il brutto è che i media ti seguono. Non dovrebbero farlo. La vera pena , per chi si agita in questo modo, in cerca di un consenso nel dissenso a tutti i costi, è la totale indifferenza, il totale disinteresse.

In corso di stampa: Fiocchi

Indice

0.Premessa

1. Il fiocco tra definizioni e istruzioni

1.1.Come si fa un fiocco 

1.1.Materiali,  fasi  e movimenti

1.2.Tipi e modelli

1.3.Le funzioni:  dallo spazio geometrico a quelli simbolici 

2. Un fiocco è per sempre

2.1. Alla ricerca della origine perduta

2.2. Come leggere la storia iconografica

2.3. Il prototipo esiste in natura o forse no: tra nodi di bambù e quadrifogli  

3. Il filo del discorso  

3.1. Infiocchetate e non: prose, poesie e didascalie

3.2. Trapuntati nei romanzi contemporanei

3.3. Sostituenti, pseudo e grammatica del fiocco italiano e oltre

4. Fiocchi e lingue

4.1. Un microsistema da studiare

4.2. Le caselle mancanti

4.3. La cognomastica e la polisemia

4.4. Dai fiocchi di neve a quelli di avena: mappe concettuali, modi di dire e  retorica 

La pace non sopporta il plurale

Pace si può dire in tanti modi : pax,paz, paix, peace paqen, mir, eiréne, pyenghwa, hépíng, heiwa, amani, fred, pacon, kapayapaan, bariς, salam, shaanti, shalom, bakea, … ukuthula… che in zulu è lo stesso che silenzio, anche se il silenzio non sempre è pace. In alcuni casi è il saluto per eccellenza, in altri è l’andamanto calmo e lento. Quel che è certo che in nessuna lingua esiste il plurale di questa parola e il motivo è tanto semplice quanto evidente.

La pace, al contrario della guerra, non sopporta il plurale. La pace è uno stato dell’animo, dei singoli, come dei popoli. Le guerre sono solo azioni e atti concreti.

Che la si difenda o la si violi, che la si consolidi o la si rompa, che la si stipuli o la si contratti, la pace resta sempre una ed unica situazione di accordo, concordia e armonia. Si può mettere il cuore o l’anima in pace, anche in quei posti in cui non c’è mai pace; si può essere in pace con sé stessi e si può bere un caffè in santa pace, magari con buona pace di tutti. 

Le guerre, invece, sono plurime. Ce ne sono di terrestri e navali, aeree e stellari; d’indipendenza e di liberazione, chimiche, elettroniche e batteriologiche; ci sono le guerre lampo e quelle di logoramento e di posizione; le guerre dei prezzi, economiche e commerciali…La pace è un concetto e un bene primario come l’acqua, la terra e l’aria. I modi e le strategie per lottare e litigare sono sue idee accessorie e così, in tutte le lingue del mondo.

La pace è singolare perché è una bella singolare invenzione.

Le azioni ostili e d’attacco non sono di certo grandi trovate e neppure di rara e difficile reperibilità.  Anzi, tutt’altro. Quanto tempo è necessario per far crollare torri e palazzi? Quanti minuti per far precipitare un aereo su migliaia di persone e ucciderle e bruciarle vive?

Quanto? Piani e piani di scrivanie, sedie, sgabelli, … di tazze, bicchieri, piccoli thermos per il caffè; strati  e strati di lettere, stampanti e mouse… Sono piani e piani di sentimenti, paure, timidezze…

Erano piani e piani di zerbini, tappeti, cuscini, …erano strati su strati di pace.